mercoledì 8 settembre 2010

Sentire la corsa



Quando mi capita di parlare di podismo con persone che non lo praticano, mi sento spesso fare le stesse domande (vedi qui). Se poi si parla anche di gare, apriti cielo che subito ti chiedono: "Come è andata la gara dell'altro giorno? Hai vinto?"

Quando spieghi loro che tu non fai parte di quell'élite destinata a vincere e che semplicemente gareggi per il gusto di farlo, vedi qualcosa cambiare nella loro espressione e a quel punto la domanda successiva non può essere che: "Ma allora perché gareggi?"

Quasi come se fosse un obbligo gareggiare puntando alla vittoria, come invece capita ai professionisti di alto livello. Vai a spiegare le tue ragioni: non è per niente facile. E forse, molte volte, chi corre non ha bisogno di giustificare in modo razionale la propria passione per la corsa e più nello specifico per le competizioni. Lo fa perché ha voglia di farlo e basta, lo fa perché sente la corsa.

E il podista asseconda questo bisogno senza farsi troppe domande.

8 commenti:

Enrico ha detto...

la gente pensa che si debba vincere sempre e per forza? Sono i figli del "tutto e subito". Contenti loro.. ciau

insane ha detto...

Noi vinciamo ogni volta che ci siam dati un obbiettivo e lavoriamo sodo per centrarlo..

Anonimo ha detto...

Allora come dovrebbe sentirsi chi arriva ultimo?

Massimo ha detto...

a volte, gia' solo il fatto di esserci.....

Anonimo ha detto...

Condivido in pieno il pensiero tuo e dei precedenti post, in primo luogo si corre per il piacere di farlo, in gara ci si spinge per vedere fin dove si può arrivare lanciando una precisa sfida con se stessi cronometro alla mano ben consapevoli che figli di un dio minore non arriveremo mai sul podio dei primi, ma il solo fatto di accettare la realtà e mettersi in gioco tutte le volte fa di noi tutti quanti dei vincitori.
Un saluto Angelo.

stoppre ha detto...

credo che dipenda quasi sempre dal momento di forma e dalla gionata.
se preparo bene una gara e la fallisco ( chiaramente non con l'obbiettivo di vincerla ), mi girano un po.
se arrivo da un periodo di scarsa forma e allenamento, fare una tempo discreto, può essere la motivazione a continuare su quel passo e poi migliorare.
in ogni caso, la sfida è sempre con se stessi, tranne quando uno che hai sempre battuto, ti passa davanti, allora li inizi a pensare di aver tirato un po i remi in barca :-))
ci si vede..ciau

icuginichecorrono ha detto...

Si vince sempre e comunque,
tutti abbiamo vinto,
dal momento che abbiamo la fortuna di allacciare le scarpe e rincorrere i nostri sogni.

Salvatore C. ha detto...

Così scrivevo nell'introduzione alla mia prima - e unica, per il momento - raccolta di racconti podistici.
"Perché corro?
Forse perché vinco? No, non succede spesso. e poi mi piaceva correre anche quando non vincevo mai.
Forse perché amo la competizione? No, l'agonismo, la lotta, il confronto con gli altri non mi attirano, anzi decisamente mi hanno sempre intimorito.
E allora cosa giustifica il sacrificio quotidiano dell'allenamento?
Forse la trentina di gare che corro in un anno?
E se la verità fosse che non c'è nessun sacrificio? La fatica, la stanchezza, la spossatezza, la sofferenza, il dolore assumono un significato diverso dal comune. Mescolati al ricordo di una gara o di un allenamento memorabile diventano energia e, in un circolo vizioso, ancora voglia di correre. Certo, alcune volte prima di uscire a correre viene da pensare "Chi me lo fa fare!", ma mai, dopo, si pensa "Chi me lo ha fatto fare".
E poi il piacere di stare all'aria aperta, con il sole o con la pioggia, con l'afa o col vento, all'alba (raramente!) o al tramonto. Il piacere di esplorare posti nuovi, di trovarmi in mezzo alla natura e sentirmi parte di essa, parte del bosco, dei campi, della spiaggia, del mare. O a volte, invece, sentirmi felicemente estraneo al paesaggio, turista spettatore dal finestrino di un treno.
Correndo ho trovato, provato e assaporato tante sensazioni forti, belle anche quando non lo erano."